Mi ero trasferito a Torino da pochi mesi, quando ricevetti la visita di Fabrizio.
Già mio compagno di banco all'istituto tecnico commerciale, Fabrizio era militare di leva in una caserma di corso Brunelleschi.
Spero di avere alleviato i suoi disagi di fante con l'offerta di una franca ospitalità, sebbene fossi, al tempo, costernato ed avvilito.
Incapace anche solo di immaginare il robusto concetto di rassegnazione all'interno del quale avrei trovato scampo.
La meta preferita delle nostre passeggiate era la stazione Porta Nuova.
Fabrizio andava per telefonare, ma si tratteneva sempre per un tempo molto maggiore del necessario.
Allora, come oggi, la stazione Porta Nuova era luogo tra i più squallidi della città; c'erano centinaia di militari nella stessa situazione di Fabrizio, poche vecchie puttane, un buon numero di drogati, alcoolizzati e senzatetto.
Dieci anni dopo Carlo Guido Cesaretto (1) mi spiegò che gli emigranti vanno nelle stazioni ferroviarie perché, queste, rappresentano il luogo più vicino al loro paese d'origine ed ospitano i treni che li hanno portati in terre straniere.
Anche lui, Carlo Guido Cesaretto, a Francoforte, andava alla stazione tutte le sere quand'era giovane emigrante e lavava le automobili.
Una notte Fabrizio rimase vittima di una piccola truffa.
Un furfante gli propose l'acquisto di un giubbotto di pelle e lo invitò a seguirlo in un deposito clandestino. Dovevano andare soltanto loro due, per non dare troppo nell'occhio. Si trattava di roba rubata, altrimenti non avrebbe potuto proporre un prezzo tanto basso.
Aspettai, alla fermata del tram, che perfezionassero la transazione.
Non vedendolo tornare, andai a cercare Fabrizio all'interno dello stabile nel quale l'avevo visto entrare.
Era in fondo alle scale in attesa del suo fornitore.
Il malvivente si era fatto dare i soldi del prezzo convenuto e aveva detto di dover salire all'ultimo piano per ritirare la merce. Da solo, altrimenti non gli avrebbero consegnato niente; comunque, se Fabrizio non si fosse fidato, poteva lasciare la giacca a garanzia della regolarità dell'operazione.
Fabrizio, non volendo sembrare troppo diffidente, aveva respinto l'offerta di trattenere l'indumento in ostaggio. S'era soltanto raccomandato di fare in fretta, perché doveva rientrare in caserma.
Ormai, però, era passato molto tempo e temeva il raggiro.
Salimmo la prima rampa di scale e trovammo la conferma ai suoi sospetti. Una portafinestra dava sul cortile interno e permetteva di uscire dal retro dello stabile.
A sei anni, nel paese di Montecarotto (2), anch'io avevo subito analoga truffa.
Allora possedevo rare figurine di ciclisti (Battistini, Defilippis, Bahamontes) mirabilmente incastonate in tappi a corona usati.
Un teppista quattordicenne, tale Francesco, offrì la figurina di Balmamion in cambio di alcuni pezzi della mia collezione; ma, entrato in possesso del mio materiale, si dileguò senza onorare l'accordo.
Sapevo che la figurina di Balmamion (3) era introvabile, ma l'idea di possederla mi impediva di valutare correttamente la situazione.
Nino mi aveva spiegato che Balmamion avrebbe potuto vincere il Giro d'Italia perché era un regolarista e il tempo degli scalatori puri come Gaul e Bahamontes doveva considerarsi finito.
Andavo a casa di Nino non per seguire le radiocronache delle tappe del Tour, ma per ascoltare le sue profonde considerazioni.
Anquetil (4), a cronometro, era più forte anche di Coppi...
La radio stava in una nicchia sopra il tavolo della cucina. Il tavolo era accostato alla parete che divideva la cucina dal negozio e sporgeva verso la porta d'ingresso. Tutto il resto della stanza, anche in pieno luglio, era in costante penombra: il lavandino, il focolare, la scala d'accesso al piano rialzato, il Sacro Cuore di Gesù, la madia.
Durante le radiocronache Nino non prestava attenzione ai clienti. Di attenzione ai clienti Nino ne prestava sempre poca. Preferiva invitarli a chiamare Viola.
Si concentrava sulle descrizioni delle volate a gruppo compatto ed intuiva, prima dell'arrivo, il nome del vincitore di giornata.
Poblet era più veloce di Darrigade e Van Loy, ma meno potente.
Sembrerà incredibile, ma un uomo profondo come Nino credeva che i comunisti mangiassero i bambini.
Ne era convinto.
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Note 1) Carlo Guido Cesaretto, pittore nato a Milano il 10 settembre 1941. Vive e lavora a Piossasco, in provincia di Torino.
2) Montecarotto, piccolo paese dell'entroterra anconetano nel cuore della zona di produzione del Verdicchio di Jesi.
3) Franco Balmamion, ciclista piemontese che si aggiudicò le edizioni 1962 e 1963 del Giro d'Italia senza conseguire nessun successo di tappa.
4) Jacques Anquetil, campione normanno vincitore del Giro d'Italia nel 1960 e nel 1964, del Tour de France nel 1957, 1961, 1962, 1963 e 1964.
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